È necessaria qualche autorizzazione particolare per l’installazione del forno a legna?
Oppure, visto la proprietà privata del locale dedito all’attività, lo si può installare dove e quando si vuole?
Sono questi i principali quesiti che si pongono i ristoratori quando decidono di utilizzare per la propria attività un forno a legna. Le normative riguardo l’installazione del forno a legna non solo dipendono dalle stesse caratteristiche del forno, ma anche dalla collocazione del locale.
Per quanto riguarda le normative per i tradizionali forni a legna per pizzerie, questi ultimi devono essere dotati di un condotto di espulsione fumi (canna fumaria) indipendente e sfociante all’esterno, in posizione tale da non interferire con eventuali aperture di ventilazione naturali o artificiali, evitando così eventuali dispersioni e contaminazioni nelle zone di produzione o lavorazione.
Infine, l’operatore deve assicurare una pulizia costante e continua del forno a legna, che rappresenta un punto critico di controllo determinante per garantire un prodotto sicuro al consumatore.
La pulizia del forno deve essere eseguita da una azienda specializzata e deve comprendere sempre la pulizia della canna fumaria e la rimozione di ceneri residue. Risulta comunque buona prassi igienica pulire con spazzola e paletta il pianale del forno dove si depositano ceneri e farina delle precedenti cotture.
Per quanto riguarda la legna da ardere utilizzata per i forni, le normative vigenti stabiliscono che
“un’impresa alimentare non deve accettare materie prime o ingredienti o qualsiasi materiale utilizzato nella trasformazione dei prodotti, se risultano contaminati, da parassiti, microrganismi patogeni o tossici, sostanze decomposte o estranee in misura tale che il prodotto finale risulti inadatto al consumo umano, anche dopo che l’impresa alimentare ha eseguito in maniera igienica le normali operazioni di cernita e/o le procedure preliminari o di trattamento”.
È bene che il titolare dell’attività si provveda di dichiarazione del fornitore inerente la provenienza della legna e la sua idoneità alla cottura di alimenti. I controlli, con riferimento a detta materia, spettano al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Autorità nazionale competente che si avvale del Corpo forestale dello Stato.
Il commerciante che non conserva per almeno cinque anni i nominativi e gli indirizzi dei venditori e degli acquirenti del legno e dei prodotti da esso derivati, completi delle relative indicazioni qualitative e quantitative delle singole forniture, ovvero non fornisce le suddette informazioni richieste dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 150,00 a € 1.500,00.
La legna deve essere sostanzialmente in ottimo stato, con certificazione dei fornitori circa la provenienza e l’idoneità per l’impiego in ambito alimentare, tesa ad escludere che sia verniciata, trattata o contaminata in alcun modo. La mancanza di certificazione comporterebbe per il titolare dell’attività l’esigenza di provare direttamente che la legna sia idonea, che non si tratti di un rifiuto o che addirittura non sia contaminata.
Se si rispettano questi criteri, l’utilizzo della legna come combustibile non è assolutamente anti tecnologico. Anzi, se si fa la dovuta attenzione sulla tracciabilità della stessa, è di ottimo impatto sull’ambiente e si fa da “spalla” al ripopolamento dei boschi, con migliori conseguenze per l’ambiente in termini di scambio di ossigeno – anidride carbonica.
Ritornando alle normative per forni a legna, la legge stabilisce che nei forni a legna dei pubblici esercizi, possono essere utilizzati anche i residui di potatura, oltre ad altri residui di materiali legnosi (quali segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine) esclusi dal campo di attenzione dei rifiuti e che potenzialmente ricadono fra i sottoprodotti utilizzabili per tipologia e provenienza come combustibili.